biteIn Gnatologia il termine Bite indica una placca, normalmente in resina, che, in presenza di disfunzioni dell’apparato stomatognatico (malocclusoni), si pone tra le due arcate dentarie al fine di modificarne le relazioni di combaciamento senza modificare in maniera permanente i denti e la loro disposizione (ulteriori denominazioni possono essere splint, michigan, hawley, jig, ferula, mouth guard, ecc.).

La sua azione riguarda quindi prevalentemente la funzione neurale, muscolare e articolare, con lo scopo primario di correggere la dislocazione della mandibola collocandola in posizione fisiologica.

Il bite di norma non sostituisce denti mancanti, ma si aggiunge e si interpone tra quelli preesistenti.

Il bite, quindi, non è una protesi (placche ortodontiche) ma un’ortesi o, meglio ancora, se progettato considerando gli effetti sull’intera postura, un sistema ergonomico, analogamente a un plantare ergonomico.

Esso permette, infatti, di modificare in modo reversibile lo schema occlusale preesistente, senza intervenire in modo massivo sulla dentatura.

L’utilizzo del bite è generalmente da considerarsi temporaneo, talvolta diagnostico, per poi eventualmente intervenire con la terapia occlusale definitiva: riabilitazioni stomatognatiche, molaggio selettivo (sottrazione), trattamento protesico (addizione) o, nei casi estremi, chirurgia ortopedica (spostamento).bite (1)

E’ bene sottilineare che di norma il problema risiede in una mancanza di idonea altezza dentaria e pertanto il molaggio selettivo va utilizzato solo in rari casi e in maniera opportuna.

Un Bite ben costruito determina rilassamento e deprogrammazione dei muscoli masticatori.

Il contatto occlusale genera un circuito sensoriale-motore che programma l’occlusione. Il Bite infrange il circuito e provoca una deprogrammazione che viene utilizzata dallo Gnatologo.

Comunicazione a cura di:

Centro Specialistico di Gnatologia Clinica
Referenti:
Dr Gian Luca Quagliarini
Dr Raffaele Frascella