[da pag. 1 ] Studiare omeopatia significa, dunque, saper affrontare un lavoro scientifico e medico complesso, teso a coniugare insieme le più moderne conoscenze scientifiche, orientandole verso la sempre maggiore comprensione della realtà funzionale – psichica e fisica al contempo – di ogni individuo.

Significa dimostrare di avere la capacità e la forza intellettuale per procedere autonomamente lungo percorsi originali, lungo strade a volte difficili, nuove, ma sempre centrate sulla concreta realtà vivente del singolo organismo umano e sulle conoscenze che da essa possono derivare.

Studiare omeopatia, per noi medici – dicono all’Istituto SIMOH – significa porsi di fronte alla persona umana, di fronte al singolo individuo nell’intento di capirlo in toto, di indagarlo in modo unitario, nella sua originalità e nella sua irripetibilità fisiopatologica per giungere ad una diagnosi unitaria e non solo di malattia.

E soprattutto per curarlo nella sua interezza, nella sua unità. Non agendo qua e la con farmaci sintomatici, ossia capaci di modificare solo i sintomi di una malattia; ma agendo terapeuticamente sull’intero meccanismo funzionale di un individuo malato, in modo da governarlo, regolarlo, modificarlo e orientarlo tutto verso una sempre migliore crasia, un sempre migliore funzionamento generale, sia a livello centrale che periferico.

Dal punto di vista terapeutico non si tratta di modificare solo qualche limitata funzionalità biochimica, qualche enzima o altro. Non si tratta di corrispondere semplicemente a limitate caratteristiche molecolari individuali.

Né si tratta di sostituirsi – anche solo temporaneamente – ai normali meccanismi fisiologici.

Si tratta al contrario di regolarli, di ricondurli ad una funzione più corretta e questo sempre in correlazione con l’intero quadro dinamico funzionale di ogni soggetto.

L’omeopatia costituisce in questo senso l’opportunità di dedicarsi ad uno degli studi più avanzati e metodologicamente strutturati di quella medicina moderna che potremmo definire “medicina fisiologica”, medicina di regolazione.

Medicina che indaga a monte l’individuo, non cadendo nel solo dato particolare. Non perdendosi in una sola funzione biologica, in un circoscritto momento endocellulare.

La nostra Scuola – ci dice la Prof.ssa Maria Letizia Salvi, Medico, Presidente della SIMOH e per molti anni Ricercatore all’Istituto di Biologia molecolare del Policlinico Gemelli di Roma con il Prof. Marini Bettolo – ha raccolto e porta avanti i fondamenti di quegli studi psico-neuro-endocrino-immunologici individuali, che la scuola costituzionalista e biotipologica di Nicola Pende ha fondato e il Prof Antonio Negro, suo Allievo, ha portato avanti, in oltre settant’anni di lavoro medico, applicandolo allo studio e alla cura del singolo malato, in una visione clinica unitaria e mai settorialistica.

L’omeopatia non e’ una moda, non e’ una medicina alternativa, non fa riferimento a conoscenze che sono al di fuori della portata ontologica ed epistemologica del sapere medico e dei modelli di conoscenza e di scientificità più moderni.

L’omeopatia, in oltre duecento anni di pratica sperimentale e clinica, rappresenta una nuova frontiera del sapere scientifico e medico in particolare.

Un sapere d’avanguardia, aperto – grazie alla propria metodologia di ricerca – verso sempre nuove acquisizioni, sempre nuovi dati da studiare e approfondire nella conoscenza dei mezzi di guarigione e nell’indagine della fisiopatologia individuale del singolo malato.immagine sistina

Il malato che si rivolge alla medicina omeopatica non cerca solo palliativi sintomatologici alla propria condizione di malattia, non cerca terapie strane, alternative; bensì quella risposta terapeutica che in modo dolce, rapido e duraturo sia tesa a far recuperare la capacità individuale, il potere di difesa, di reazione e quindi la possibilità di un recupero funzionale e organico per tornare a stare meglio, per guarire il più possibile.

Per queste ragioni il Prof. Antonio Negro definì molti decenni fa l’omeopatia una medicina pro-biotica, intendendo con questa parola l’alto significato di valorizzazione della vita che in essa è racchiuso e che in termini medici porta a riconosce nella biologia di un organismo vivente, di un individuo, di ogni persona, potenzialità e capacità uniche, segnate da una vitalità e da una forza di recupero a volte inimmaginabili. In ogni persona e per quanto umanamente possibile.

Con questo spirito, la Scuola Omeopatica italiana ha recentemente aperto a Roma, al Foro Romano, il suo 66° Anno Accademico di studi hahnemanniani. E lo ha voluto dedicare al valore e all’importanza dell’esempio. Una categoria metafisica, quella dell’esempio, a volte desueta, ma proprio per questo ancora più importante in un epoca di profonda crisi e trasformazioni radicali, ci dice la Prof.ssa Salvi.

Quell’esempio che da oltre due secoli tanti ricercatori e medici omeopatici hanno dato e continuano a dare ogni giorno dedicandosi allo studio, alla pratica e alla trasmissione culturale di una disciplina medica che per la sua storia, per le sue metodologie e procedure clinico-terapeutiche, nonché per il suo saper valorizzare l’unità biologica organismica individuale di ciascuna persona umana, è stata giustamente definita medicina neo-ippocratica.

di Alessandro Cenci