Storia della medicina.

Siegfried Letzel ci parla dell’epidemia di colera del 1831 in Europa (quindi prima delle moderne conoscenze mediche sull’argomento) e dell’intuizioni del medico tedesco Samuele Hahnemann sulla eziopatogenesi della malattia e sullo sviluppo di un approccio efficace per curarla.

“Questi giorni saranno inseriti nei libri di storia come la “Crisi del Coronavirus”, meno dal punto di vista medico, ma piuttosto dal punto di vista economico. Con tutti i vincoli, le limitazioni e i sacrifici che la società in generale sta oggi soffrendo, l’attenzione si concentra ora sul miglioramento delle cure mediche, fornendo un numero sufficiente di letti per la terapia intensiva e di ventilatori medici. Sarà interessante sapere com’era lo scenario ai tempi in cui la medicina scientifica moderna non si era ancora evoluta.

Epidemie, pandemie e malattie infettive in generale sono, infatti, sempre esistite nella storia dell’umanità. Batteri e virus erano sconosciuti così come l’igiene, che oggi è invece una questione di stile di vita.
Le malattie infettive erano compagne permanenti della vita umana, prevalentemente nelle aree urbane, in particolare durante i tempi “cattivi” – mala tempora – così come durante le guerre.

Nei tempi in cui le piaghe infettive infuriavano, tutte le persone senza speranza erano disperatamente esposte ad esse. I medici cercavano di aiutare i loro pazienti con ogni tipo di metodo terapeutico, ma il tasso di mortalità era insopportabilmente alto.

Lo stesso avvenne nel 1831, quando un’epidemia omicida arrivò in Europa dalla Russia (causando oltre 200.000 vittime) con una velocità e una mortalità tremende. I paesi baltici, la Polonia (1100 morti solo a Varsavia) e la Galizia erano già stati colpiti. In Prussia e in Austria furono chiuse le frontiere e furono costruiti impianti di quarantena. Tuttavia, il colera asiatico non poté essere fermato.

Con la loro ignoranza, i medici del tempo erano impotenti. il “salasso” era stata una modalità di trattamento molto comune; si usavano sanguisughe e bicchieri da coppettazione, ma anche medicine come il calomelano (un preparato a base di mercurio velenoso). In quei giorni questo medicinale era stato il principale emetico e lassativo e si trovava praticamente in tutte le borse dei medici. Sappiamo che nella maggior parte dei tentativi terapeutici, i pazienti si sono ulteriormente debilitati, peggiorando la situazione clinica. Una “Farmacopea anticolerica” (una farmacopea con farmaci contro il colera) elencava 238 descrizioni di farmaci, tutte inefficaci secondo le attuali conoscenze.

Durante questo periodo di agonia e disperazione fu un cittadino di Torgau, chimico, farmacologo e medico, il Dr. Samuel Hahnemann, fondatore dell’omeopatia, a pubblicare il suo approccio terapeutico in quattro articoli. Egli presumeva che il cosiddetto “miasma” del colera consisteva “in una creatura vivente di natura omicida che si nascondeva ai nostri sensi”.

Secondo l’indagine del filosofo Fechner, dei 54 ricercatori che aveva elencato, solo Samuel Hahnemann suggeriva la presenza di microbi. E fu l’unico ad avvicinarsi alla causa microbica della malattia.

Hahnemann rimase fedele al principio da lui adottato trattando il colera in modo fisso come una “malattia fissa”. Questo significa che egli trattava i pazienti con sintomi comuni con lo stesso rimedio terapeutico. Con la sua ‘therapia magna sterilisans’ fu il primo medico ha raccomandare la canfora (omeopatica) come principale farmaco, sia per la terapia medica, sia come agente protettivo nella prevenzione e anche come applicazione disinfettante contro la minaccia di essere infettati dal colera. Nelle fasi avanzate della malattia, inoltre, suggeriva ulteriori rimedi omeopatici a seconda dei sintomi.

Con questo approccio terapeutico Samuele Hahnemann stava incidendo nella storia un solco solitario. Il trattamento da lui raccomandato si è rivelato eccezionalmente prezioso e di successo. E le autorità mediche del tempo dovettero, controvoglia, raccomandare la sua procedura.

Ma la visione medica di Hahnemann andò ben oltre questo approccio terapeutico al fine di escludere ulteriori contagi e diffusione del morbo: egli chiese a tutte le persone in quarantena e a coloro che si mescolavano con i malati infetti e contagianti, di “esporre i loro vestiti ecc. al calore di un forno a 80°C (176° Fahrenheit) per due ore. (Intendeva dire che a questo calore sarà distrutta tutta la “materia” contagiosa conosciuta e quindi anche i miasmi viventi). Allo stesso tempo dispose che i corpi dei pazienti fossero sempre puliti con un rapido lavaggio e coperti con abiti di puro lino o fustagno (cotone idrofilo spesso)”.

Il suo fu quindi un approccio medico assolutamente rivoluzionario in medicina per quel tempo.

Considerando, inoltre, il fatto che Samuele Hahnemann non aveva ovviamente a disposizione un microscopio come gli scienziati moderni, né alcun contatto personale con i pazienti affetti da colera (allora era a Koethen), tanto da doversi affidare solo alle descrizioni della malattia e dei sintomi forniti da colleghi amici e da studenti, ai quali chiedeva informazioni, è praticamente sorprendente che potesse indicare con tanta fermezza e certezza il miasma del colera come “un essere vivente di basso ordine, che si nasconde ai nostri sensi naturali”.

E come ha potuto avere questa intuizione con la certezza di una proprietà contagiosa della malattia, diffusa dal contatto interpersonale? Sulla base di questo concetto egli ha sviluppato i suoi rimedi terapeutici che sono risultati sorprendentemente efficaci a seconda delle circostanze dell’epoca.

In questo modo l’epidemia di colera del 1831 portò all’approvazione dell’omeopatia. Si sviluppò a Torgau negli anni 1805-1810, ed è oggi praticata in tutto il mondo”.

Fonte: Dr. Hahnemann and the Cholera Epidemic of 1831

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