infezioni

L’Italia conta il 30% di tutte le morti per sepsi nei 28 Paesi dell’Unione Europea.
Lo dice il Rapporto Osservasalute presentato il 15 Maggio 2019 al Policlinico Agostino Gemelli di Roma.

Sono anni ormai che non si scoprono nuovi antibiotici. Da tempo la ricerca è ferma al palo e sono oltre 20 anni che non viene immesso in commercio un nuovo antibiotico.

Allarme rosso per infezioni prese in ospedale. Gli esperti parlano di un vero e proprio boom in Italia: se nel 2003 si contavano 18.668 decessi, nel 2016 il dato è schizzato a 49.301 del 2016, pari al 30% delle morti per sepsi nell’intera Unione Europea.

È quanto emerge dal Rapporto Osservasalute, presentato lo scorso 15 maggio al Policlinico universitario Agostino Gemelli di Roma.

“Abbiamo osservato il fenomeno per anni – ha spiegato il direttore dell’Osservatorio nazionale sulla Salute, Walter Ricciardi nel corso della presentazione – e oggi possiamo dirlo: quella delle sepsi in ospedale è una vera e propria emergenza; c’è una strage in corso, con numeri più che raddoppiati in pochi anni.

Per un fenomeno così grave non si interviene come si dovrebbe, per esempio applicando il piano nazionale contro l’antibioticoresistenza che è rimasto lettera morta. “Il fenomeno viene sottovalutato e in campo medico si è diffusa l’idea che si tratti di un fatto ineluttabile”, ha detto ancora il Ricciardi.

I dati dell’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni italiana, mostrano come il fenomeno incide maggiormente fra gli over 75, con 36.824 decessi solo nel 2016. A livello regionale, poi, la crescita della mortalità sepsi-correlata nella classe di età 75 anni e oltre è un fenomeno generalizzato a tutte le aree del Paese.

I tassi regionali presentano un’alta variabilità geografica, con valori più elevati nel Centro e nel Nord e valori più bassi nelle regioni meridionali. Nel 2016 per gli uomini i valori più alti sono stati registrati in Emilia Romagna e Friuli Venezia Giulia, i più bassi in Campania e Sicilia. Per quanto riguarda le donne, i più alti sono in Emilia Romagna e Liguria e livelli minori in Campania e Sicilia come per gli uomini. Il gap territoriale può in parte essere legato alla maggiore attenzione da parte delle strutture ospedaliere nel riportare le cause di morte nel certificato.

“Abbiamo studiato questo fenomeno per 3 anni, ora possiamo parlare di emergenza nazionale. Occorre intervenire per contrastare efficacemente un problema davvero insidioso, che ormai è diventato un’emergenza nazionale”, conclude l’esperto.