cellule tumore
L’ipotesi che i tumori possano diventare patologie reversibili attira l’attenzione dei ricercatori, che si concentrano sui meccanismi in grado di riprogrammare le cellule cancerogene. L’intuizione ruota sui fattori di differenziazione

Fonte: nova.ilsole24ore.com del 18.06.2017

Lo scorso 11 maggio, a Milano, durante il convegno “Nutrizione e cancro” promosso dalla Associazione Italiana di Oncologia Medica, cui ha assistito anche l’ex presidente degli stati uniti Barack Obama, diversi oncologi della società scientifica hanno illustrato il Position Paper “Trattamenti integrativi in oncologia: i fattori di differenziazione cellulare in integrazione alla chemioterapia”alla luce dei risultati della integrazione tra i farmaci chemioterapici e i trattamenti biologici e che ri-programmano le cellule tumorali che si sono moltiplicate in modo indifferenziato.

Siamo di fronte ad un passaggio significativo: farmacologi tradizionali come Michele Carruba, Direttore del Dipartimento di Farmacologia più importante d’Italia, con grande coerenza scientifica, hanno aperto una verifica dell’efficacia di un trattamento che ha un impianto epistemologico innovativo.

Oggi ha trovato una piena conferma ciò che il Professor Pier Mario Biava scrisse in un articolo pubblicato nel 1988 su Cancer Letter, insieme ai suoi collaboratori dell’Istituto di Medicina del Lavoro dell’Università di Trieste e ai ricercatori dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano.

Prof. Pier Mario Biava

Prof. Pier Mario Biava

Fin dalle premesse veniva descritto come il lavoro presentato partisse dall’ipotesi che i tumori fossero patologie reversibili, sulla base di osservazioni scientifiche che dimostravano come fattori del microambiente embrionario fossero in grado di riprogrammare le cellule tumorali, riconducendole ad un comportamento normale.

Un paradigma che si fonda sulla matrice informazionale che configura il vivente e tutte le relazioni che lo interessano a partire dalle cellule nella sfera biologica del vivente.

Oggi si è dimostrato che i fattori di differenziazione delle cellule staminali sono in grado di normalizzare il ciclo cellulare delle cellule cancerose. Si tratta degli stessi meccanismi che in natura sono attivi durante le fasi di organogenesi, quando cioè avvengono tutti i processi di differenziazione delle cellule staminali che portano alla formazione di tessuti ed organi.

In queste fasi, dove è molto alto il rischio di sviluppare errori nella replicazione, i fattori di differenziazione hanno anche un importante ruolo correttivo verso quelle cellule che vanno incontro ad errori.

Così il Comitato Scientifico ha verificato gli esiti del trattamento dei tumori con la combinazione congiunta della farmacologia chemioterapica con la riprogrammazione cellulare. I risultati ottenuti utilizzando i fattori di differenziazione cellulare, sia da soli, che in associazione alla chemioterapia sono stati confortanti.

L’alleanza fra tali fattori di differenziazione e chemioterapia ha dimostrato notevoli effetti di potenziamento: così nel tumore del colon l’efficacia di un chemioterapico specifico passa dal 35% quando usato da solo al 98% quando associato ai fattori di differenziazione.

Si può pertanto parlare di “riprogrammazione” epigenetica delle cellule malate attraverso l’integrazione di quei peptidi che sono in grado di riportare la cellula nell’ambito della sua normale fisiologia. Si sono studiati i meccanismi d’azione con cui i fattori di differenziazione staminali sono in grado di riprogrammare le cellule tumorali: in sintesi tali fattori sono in grado di regolare geni in modo da bloccare il ciclo cellulare delle cellule tumorali.

A seguito del blocco del ciclo cellulare si verificano questi eventi: se i danni che hanno dato origine alla malignità non sono troppo gravi e sono riparabili, vengono effettivamente riparati e le cellule si ri-differenziano, ovvero assumono un comportamento normale, invece se i danni sono troppo gravi e non sono riparabili, vengono attivati i geni della morte cellulare programmata e le cellule muoiono. Così sia che le cellule muoiano, sia che si ri-normalizzano, l’importante è che esse escano dal giro della moltiplicazione.

Da questo punto di vista i tumori possono essere considerate malattie reversibili e le cellule tumorali cellule riprogrammabili.

Nella introduzione al position paper Michele Carruba, Presidente del Comitato Scientifico, con onesta semplicità ha spiegato le ragioni della verifica effettuata nel tempo del contesto disintermediato da Internet nel quale i medici si trovano ad operare: “A volte qualche paziente si sente solo, non avverte il beneficio della chemioterapia e di tutti i trattamenti standard e va così in depressione. Consulta internet, cerca altre vie e scopre soluzioni alternative/integrative come una dieta appropriata, uno stile di vita nuovo o un altro medico che lo ascolta di più, gli da sostegno morale e gli consiglia prodotti integrativi che prima non gli erano stati proposti. Internet però è pieno anche di notizie imprecise ed il rischio per il paziente di affidarsi a soluzioni inutili o peggio ancora dannose è molto alto.

In questo contesto, dove oggi tramite il web le notizie viaggiano molto più velocemente e senza controllo, capita sempre più spesso che informazioni dal mondo della ricerca giungano prima ai pazienti che ai medici, magari mal riportate: il rischio che prendano piede teorie e terapie inutili è così sempre più alto.” Ecco dove risiedono le ragioni che hanno portato il Professor Torzilli a sentire “il bisogno di istituire un comitato scientifico con l’obiettivo di studiare e valutare le innovative ricerche nell’ambito della riprogrammazione epigenetica delle cellule tumorali con i fattori di differenziazione staminale, così da evitare che vengano diffuse notizie scorrette o parziali ed aiutare i colleghi universitari e clinici ad inquadrare al meglio il tema di ricerca e le sue prospettive per il futuro.”

Sono significative le conclusioni del Position Paper : “Il Comitato riunitosi per valutare la solidità scientifica delle ricerche descritte ha confermato l’importanza di questo filone di studio e stimola a livello universitario lo sviluppo di ulteriori ricerche sia su modello animale che a livello clinico.

Esiste inoltre la possibilità di mettere a punto integratori che ispirandosi a queste ricerche possano fornire ai medici un valido supporto per integrare buona parte di quei fattori di differenziazione descritti in letteratura. Tali soluzioni sono da intendersi solo come integrazione alle terapie standard e ci si auspica che possano essere preventivamente validate mediante opportuni studi clinici”.
di Fiorello Cortiana

Fonte: Nova – Il Sole24Ore