Eurostat: l’agricoltura biologica è made in Sud

e assume un ruolo sempre più prezioso e trainante nell’ambito della salute globale umana

Con circa 12 milioni di ettari di superficie utilizzata, l’agricoltura italiana realizza oltre il 12% del fatturato del settore nell’area Ue, confermandosi terza economia agricola in Europa dopo Francia (17% del fatturato e 28 milioni di ettari) e Germania (13% e 15 mln di ettari).

E l’Italia è leader anche nel settore dell’agricoltura biologica: in testa alla classifica Sicilia, Puglia e Calabria.

Questo è quanto emerge da un recente rapporto dell’Eurostat, l’Ufficio statistico dell’Unione europea, sul settore agricolo in Europa.

In particolare, Sicilia e Puglia sono le prime regioni europee per vastità di aree coltivate, rispettivamente con 357mila e 194mila ettari dedicati. Secondo i dati Eurostat, infatti, le due regioni del Sud Italia si posizionano in testa alla classifica europea con almeno il 15% delle aree coltivate in bio.

Superate solo dalla regione austriaca di Salisburgo, che vanta il 51,8% della superficie agricola convertita con circa 93mila ettari dedicati, le due regioni del Meridione italiano sono poi seguite dalla Calabria con quasi il 30%. A maggioranza italiana, anche la classifica delle regioni che hanno incrementato le superfici coltivate con metodo biologico nell’ultimo triennio. Delle dieci in vetta, sei infatti sono del Bel Paese: Liguria, Val d’Aosta, Abruzzo, Basilicata, Umbria e Toscana.

D’altra parte, sempre secondo i dati Eurostat, degli 11,4 milioni di ettari bio in Europa, due milioni sono italiani. In generale, in tutto il territorio europeo la superficie coltivata a biologico ha comunque registrato un incremento del 34% dal 2012, arrivando così ad utilizzare il 7,1% della superficie agricola totale.

Per quanto riguarda il Meridione, Sicilia, Puglia e Calabria insieme rappresentano il 43% della superficie agricola biologica nazionale e il 39% delle aziende agricole bio.

A confermare i dati dell’Annuario di Eurostat, anche Ismea e Sinab, secondo i quali l’Italia, in tema di biologico, è il Paese leader in Europa, con 80mila operatori e 2 milioni di ettari coltivati, pari al 15,8% della superficie agricola utilizzabile nazionale. Confermando la doppia cifra dei terreni coltivati a bio con una crescita del 75% negli ultimi dieci anni, il Bel Paese si attesta così ben al di sopra della media europea.

In particolare, nel settore ortofrutticolo bio, confrontando i dati del 2017 con quelli del 2018, secondo smea e Sinab, si possono notare una serie di variazioni: la frutta da zona temperata cresce del 10%, i piccoli frutti dell’11% e la frutta da zona subtropicale del 7%. Al contrario, si registra una diminuzione del 10% per gli agrumi.

Altro dato interessante è poi quello relativo ai consumi. Durante il lockdown, infatti, sono aumentati dell’11%. Un dato significativo anche in relazione al trend generale dell’ultimo decennio che ha visto la percentuale dei “consumi bio” triplicare. Ad aumentare è stato il consumo di prodotti sia trasformati che freschi, prima fra tutti la frutta.

La Strategia Farm to Fork dà come obiettivi entro il 2030, il 25% delle superfici agricole condotte in regime biologico, e la riduzione contestuale dei fitofarmaci di sintesi e degli antibiotici come fertilizzanti chimici.

In tal senso se nell’agricoltura biologica si applicano rigorose restrizioni all’uso di pesticidi chimici di sintesi, la conseguenza più diretta è che mangiando cibo biologico non si assumano tali sostanze. Un effetto, questo, dimostrato anche scientificamente da uno studio pubblicato nel 2019 su Environmental Research effettuato dai ricercatori dell’Università della California che hanno rilevato una diminuzione o un azzeramento di pesticidi e composti progenitori nelle famiglie che avevano assunto cibo biologico rispetto a quelle che non lo avevano fatto.

Nello specifico i ricercatori hanno individuato che gli organofosfati si erano ridotti del 70 per cento, il clorpyrifos del 61 per cento e il malathion del 95 per cento, mentre l’erbicida 2,4 D del 37 per cento. Anche i piretroidi (insetticidi e acaricidi) sono risultati dimezzati e un neonicotinoide trovato era diminuito dell’84 per cento. Tutte sostanze che diversi studi hanno associato a malattie e disturbi anche gravi.

L’agricoltura biologica assume, dunque, un ruolo sempre più prezioso e trainante nell’ambito della salute globale umana; e questo anche rispetto a un’agricoltura, quella italiana, che nel suo insieme è all’avanguardia in tema di sostenibilità delle tecniche produttive.

L’impegno quindi di tutti – e di noi medici hahnemanniani in primis – è quello di dare continuità a questo percorso dinamico di miglioramento e innovazione che non può e non deve arrestarsi.

 

Per approfondimenti:

Comunicazione a cura di:
Centro di Salute Globale SIMOH
Scuola Italiana di Medicina Omeopatica Hahnemanniana
Via Giovanni Miani, 8 – 00154 Roma
www.omeopatiasimoh.org – info@omeopatiasimoh.net

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