L’ormesi è un fenomeno stimolatorio o benefico osservabile quando un sistema biologico è esposto a basse dosi di un agente, noto per essere tossico ad alte dosi

Le ricerche sperimentali hanno evidenziato una risposta ormetica per un grande numero di agenti tossici, quali sali di Li, Mn, Co, Ag, Pt, Tl, Th, Na, K, Ca, Tr, Ni, Sr, Sn, Ba, Ce, Hg, Pb, Cd, formaldeide, mercurio, fenolo antibiotici, cloroformio, 3,4 benzopirene, 1,2,5,6, dibenzopirene.

L’effetto si esplicherebbe a livello cellulare con l’induzione e stimolazione di enzimi riparatori del Dna e capaci di neutralizzare radicali liberi causa di alterazioni cellulari

 

L’ormesi, o “hormoligosis”, è un fenomeno biologico, farmacologico e tossicologico che evidenzia la stimolazione a basse dosi e l’inibizione ad alte dosi da parte di una stessa sostanza.

Il manifestarsi di due opposti effetti, stimolatorio ed inibitorio, da parte di una stessa sostanza, quando sia usata a dosi differenti, è stato descritto in vari modelli sperimentali (1-5) .

I primi tentativi sperimentali possono essere fatti risalire alla fine del  XIX secolo, quando H. Schulz pubblicò una serie di articoli che prendevano in considerazione l’azione di vari tipi di veleni (iodio, bromo, cloruro di mercurio, acido arsenioso, ecc.) sul lievito, mostrando che quasi tutti questi tossici avevano un certo effetto stimolante sul metabolismo del lievito quando forniti in bassa dose (6, 7).

Egli poi venne in contatto con lo psichiatra R. Arndt ed insieme essi elaborarono un principio, più tardi conosciuto come “Legge di Arndt-Schulz”, che dichiarava che deboli stimoli accelerano modestamente l’attività vitale, uno stimolo di intensità media la incrementa, uno forte la deprime e uno molto forte la arresta (7). 

Simili osservazioni furono riportate da molti altri autori negli anni ‘20 e anche loro osservarono il fenomeno di effetti inversi, o bifasici, a seconda della dose di una stessa sostanza (1, 8). 

Nel 1960 Townsend e Luckey esaminarono il campo della farmacologia della medicina classica per evidenziare esempi di effetti ormetici e pubblicarono una lista di 100 sostanze note per essere in grado di provocare inibizione ad alte concentrazioni e stimolazione a basse concentrazioni e gli effetti descritti coinvolgevano la risposta muscolare, la respirazione e la trasmissione dell’impulso nervoso (2).

Studi recenti sull’ormesi

Attualmente uno dei massimi studiosi di ormesi è Edward J. Calabrese che, fino a non molto tempo fa, sosteneva l’incompatibilità con le teorie omeopatiche spingendosi a dichiarare che l’apparentamento con l’omeopatia, come avevano fatto ad esempio Arndt e Schulz, aveva rappresentato, nel XX secolo, uno degli
ostacoli all’accettazione dell’ormesi stessa nel mondo scientifico.

Prof. Edward J. Calabrese

Negli ultimi anni, Calabrese e collaboratori hanno iniziato a cambiare questa prospettiva e recentemente un intero fascicolo della rivista “BELLE Newsletter – Human & Experimental Toxicology” è stato dedicato alle relazioni tra omeopatia e ormesi.

Alcuni studi molto significativi, resoconti più dettagliati sono stati riportati altrove (9, 10, 11), sono stati condotti da gruppi francesi e pubblicati nel 1988 su una prestigiosa rivista di farmacologia, “British Journal of Clinical Pharmacology”.

Qui si dimostra che dosi molto basse di istamina e di un estratto di Apis mellifica inibiscono significativamente la degranulazione dei basofili indotta da anticorpi anti-IgE (12).

Questo effetto è davvero notevole dato che sia l’istamina che il veleno di ape, quando liberati in un tessuto a dosi normali, hanno potere proinfiammatorio e proprietà irritanti.

Perciò questo esperimento illustra chiaramente che, in un modello sperimentale, una sostanza che è conosciuta come stimolante del processo infiammatorio alle dosi convenzionali, è in grado, a dosi diverse, di inibire la cellula responsabile di molti fenomeni del processo infiammatorio acuto.

Un simile approccio fu in seguito applicato anche da altri gruppi, che riportavano anch’essi l’effetto inibitorio di istamina sull’attivazione dei basofili (13, 14).

Prof. Bellavite e coll.

Più recentemente il Prof. Bellavite e coll. (G. Andrioli, S. Lussignoli, A. Signorini, R. Ortolani, M. Semizzi e A. Conforti) hanno sviluppato o vari modelli dove le risposte funzionali di neutrofili di sangue umano erano modificate in vitro in modo da esprimere, al variare delle dosi dei composti, le tipiche inversioni di risposta.

  1. Il primo modello mostrava che un pretrattamento dei neutrofili con basse dosi del peptide batterico fMLP incrementava la loro responsività funzionale alle alte dosi mentre il pretrattamento con alte dosi di fMLP decrementava la responsività ad un secondo trattamento con alte dosi (è un esempio tipico di down-regulation del recettore indotta dallo stress) ) (15).
  2. Un secondo modello mostrava che alte dosi di fMLP inducevano un marcato aumento dell’adesione cellulare a superfici plastiche rivestite con siero; d’altra parte, quando l’aumento dell’adesione era indotto dal pretrattamento dei neutrofili con endotossina batterica (LPS), in queste condizioni una bassa dose di fMLP inibiva e annullava l’adesione indotta da LPS (16). Il fenomeno non è presente solamente nelle cellule pretrattate con LPS, ma è stato descritto anche in cellule infiammatorie, per esempio cellule ottenute da essudato cutaneo di infiammazione sperimentale (17). In conclusione, l’agente chemotattico fMLP, che viene considerato come un attivatore dell’adesione dei neutrofili, paradossalmente inibisce questa risposta cellulare se usato a bassa dose in cellule che sono di per sè già iper-adesive.

Tutto ciò dimostra su un sistema in vitro che l’effetto di uno stesso stimolo può dipendere grandemente dallo stato di sensibilità e di responsività del sistema bersaglio.

Il Prof. Bellavite e coll. ha anche indagato il meccanismo di questo fenomeno ed ha trovato che basse dosi di fMLP stimolano l’incremento di AMP-ciclico (cAMP) e che l’aggiunta di cAMP più teofillina ai neutrofili pretrattati con LPS inibisce l’adesione. Tutto questo porta a dedurre che il fenomeno di inversione d’effetto visto in questo modello sperimentale, cioè l’inibizione dell’adesione cellulare provocata da un agonista cellulare, sia dovuto all’incremento di cAMP innescato dalla bassa dose di fMLP.

Il ruolo giocato dal cAMP nelle vie di “gating” (controllo di apertura/chiusura) della trasduzione di segnale, così come nel controllo dell’intensità e direzione (cioè positivo o negativo) della risposta a vari segnali extracellulari è stato recentemente preso in considerazione anche da altri ricercatori (18).

Una sorta di cancello positivo/negativo può regolare il flusso d’informazione attraverso sistemi di trasmissione e può essere attivato da segnali intracellulari o extracellulari.

Tossicologia ed Ormesi

Anche la ricerca tossicologica è un campo dove sono stati descritti spesso effetti inversi a basse dosi. Effetti benefici come la proliferazione cellulare indotta dallo stress sono stati osservati in cellule esposte a basse dosi di tossici o radiazioni (74,5,9, 19-21).

In particolare per quanto riguarda l’effetto delle radiazioni, il vecchio assioma che il rischio di cancro è proporzionale alla dose è stato recentemente riveduto in base a dati che dimostrano che la mortalità per cancro in popolazioni che vivono in zone a più alta esposizione a radiazioni naturali sarebbe più bassa rispetto a quella di popolazioni che vivono in regioni meno esposte a radiazioni (22).

Questo fenomeno paradossale offre supporto al concetto di ormesi delle radiazioni, cioè un effetto protettivo esplicato da basse dosi dell’agente che è sicuramente dannoso ad alta dose. Così, somministrando a degli animali un composto diluito di sostanze tossiche, è stato riportato l’incremento della cinetica di eliminazione di prodotti identici con conseguente effetto di protezione sugli animali (23, 24, 25, 26), anche se va detto che il numero di studi condotti in modo metodologicamente corretto e ripetuti in laboratori diversi è ancora troppo piccolo per permettere di trarre conclusioni definitive (9).

Nella letteratura scientifica biomedica sono riportati parecchi casi di effetti duplici con vari composti, a seconda delle diverse dosi impiegate e sono stati riportati utilizzando:

  • prostaglandine (27, 28)
  • beta-proteina amiloide (29)
  • radicali liberi dell’ossigeno (30)
  • ossido nitrico (31)
  • neuropeptidi (32)
  • citochine (33)
  • Tossicologia ed ormesi
  • insulina (34)
  • acetilcolina (35)
  • trombina (36).

Stimolazione e inibizione sono i principali effetti finali valutabili in quasi tutti gli allestimenti sperimentali e sono misurabili anche le modificazioni quantitative indotte da un rimedio, come la crescita cellulare, il peso corporeo, il ritmo cardiaco, la frequenza di crisi epilettiche, l’aggregazione delle piastrine, il tempo di sanguinamento ed il volume urinario: registrando gli effetti eccitatori e inibitori e costruendo curve doserisposta si può caratterizzare il meccanismo d’azione.

Poiché un sistema omeostatico complesso è fornito di sistemi di regolazione come recettori, meccanismi di trasduzione del segnale e meccanismi effettori, che possono avere funzioni opposte, stimolatorie o inibitorie, è possibile che alcune dosi dello stesso composto attivino le une o le altre mostrando l’esistenza di particolari “finestre” di sensibilità e di responsività dei sistemi biologici a seconda delle dosi impiegate.

Se si assume che la risposta di una cellula comporta una o più modificazioni molecolari e reazioni biochimiche, la reazione minima possibile, subito sopra la soglia di sensibilità, è un tentativo di compensazione ai cambiamenti potenzialmente dannosi che possono essere causati da dosi medio/alte dello stesso composto.

L’ormesi rivitalizza e prova in modo scientificamente ineccepibile la frequenza e la realtà del fenomeno dell’inversione degli effetti di un medicinale secondo le dosi.

L’ormesi ha avuto il grande merito di confutare con evidenze incontrovertibili la visione secondo cui il rapporto tra causa ed effetto sarebbe sempre di tipo lineare facendo crollare tante teorie tra cui la pretesa della farmacologia convenzionale di una proporzionalità tra dose di un medicinale e suo effetto clinico.

È stato dimostrato che, se si tiene conto dell’esistenza dell’ormesi, il modello logico standard per la determinazione del E50 (ossia la concentrazione di sostanza alla quale si manifesta il 50% degli effetti) e l’intervallo di confidenza non è adatto e dovrebbe essere riesaminato e riparametrizzato (37, 38).

Che possano esistere azioni farmacologiche in diluizioni ancora superiori e, quindi sotto il numero di Avogadro, è l’aspetto più controverso della questione e la spiegazione dell’effetto placebo non è sufficiente a spiegare le prove di laboratorio.

Si pensa che si tratti di un trasferimento di informazione dai principi attivi al solvente, una riorganizzazione dinamica delle molecole del solvente. Su questo sono al lavoro fisici, chimici e biologi, anche di gruppi universitari italiani che hanno pubblicato pregevoli lavori.

Nell’azione del medicinale entrerebbero in gioco i fenomeni elettromagnetici e quelli caotici, cioè le estreme sensibilità alla regolazione per risonanza, che si riscontrano nei sistemi lontani dall’equilibrio.

N.B. La legge biologica dell’ormesi permette di spiegare l’azione biochimica della low dose, mentre è possibile spiegare il ruolo della dinamizzazione negli effetti dei medicinali omeopatici rifacendosi alla Biofisica.

 

Bibliografia Ormesi

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16 Bellavite P, Chirumbolo S, Lippi G, et al. Dual effects of formylpeptides on the adhesion of endotoxin-primed human neutrophils. Cell Biochem
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18 Iyengard R. Gating by cyclic AMP: expanded role for an old signaling pathway. Science 1996; 271: 461-463
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20 Wolff S. Are radiation-induced effects hormetic? Science 1989; 245: 57
21 Luckey TD. Low-dose irradiation. Advantage east! Radiat Protect Management 1993; 10: 59-63
22 Goldman M. Cancer risk of low-level exposure. Science 1996; 271: 1921-1822
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Fonte: Mednews.care

 

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